A distanza di quattro anni dall’uscita dell’ultimo disco, i colossi dell’hard rock ferrarese Voodoo Highway, tornano in pista con un nuovo long play, targato Sleaszy Rider Records e prodotto da Eddy Cavazza e Giuseppe Bassi per Dysfunction Production. L’attuale formazione vede i nuovi entrati Filippo Romeo alla chitarra e Massimiliano Sabbadini alle tastiere, oltre a Filippo Cavallini al basso, Vincenzo Zairo alla batteria e Federico Di Marco alla voce.
Il disco, composto di otto tracce si apre con “The Deal”; in cui fin da subito un basso incalzante sostiene le voci armonizzate del ritornello, prima di esplodere nella strofa principale, nella quale, le incursioni sull’hammond di Sabbadini risultano azzeccate alla perfezione e non invasive. Notevoli i giochi di dinamica per tutta la durata del brano, che prima rilassano l’ascoltatore e poi lo spettinano a dovere. “Litha”, dopo un breve assolo di chitarra lascia ampio spazio alla voce di Di Marco che, come al solito, si rivela graffiante e delicata quando necessario. Ottimo il groove della band, tastiera di gran supporto al pezzo, basso croccante al punto giusto e, per finire in bellezza, le chitarre armonizzate sul concludersi dell’assolo sono una raffinatezza inaspettata. La terza traccia, “NY Dancer”, presente già nell’EP “Pervert County” è un brano sull’onda dei dischi precedenti, in pieno stile Deep Purple. Già nell’introduzione, Romeo e Sabbadini risultano amalgamati alla perfezione e quando il brano si apre con il riff principale, il drumming di Zairo soddisfa a pieno le necessità di una canzone di questo tipo: pochi fronzoli, tanto groove. “Quietude” è una novità, uno di quei brani che non ci si aspetta da una band come i Voodoo Highway: una ballata sostenuta e ben articolata, orecchiabile nel ritornello e nient’affatto noiosa. L’intro, sostenuta dalle tastiere suona mistica, e la chitarra acustica a sostegno del brano è una sorprendente novità. Siamo dunque arrivati a “The Rule”. Sin dal riff iniziale il basso prepotente di Filippo stabilisce come sarà il pezzo: gran riff, ben sostenuto, groove esplosivo. Romeo da il meglio di sé in un assolo che ricorda vagamente lo stile neoclassico ed ancora una volta le linee vocali sono ben strutturate e composte. La sesta traccia del disco, “Blue Ride”, sottolinea ancora una volta lo stile tipico della band: un portamento alla Deep Purple dei tempi d’oro. Interessanti le parti strumentali, soprattutto nella sezione centrale del brano: lasciano immaginare che dal vivo la band possa dare il meglio di sé dal punto di vista solistico. “Grace of the Lord”, altro brano già preannunciato in “Pervert County”, è una di quelle canzoni dove il riff la fa da padrone, spettacolare l’assolo di chitarra, ottima performance di Di Marco alla voce e decisivo Zairo nel tenere ben appoggiato il pezzo: un macigno. Siamo arrivati all’ultima traccia: “To Ride the Tide”. Le linee vocali di questo brano richiamano l’idea alla base della traccia d’apertura: il disco si chiude in un cerchio perfetto. L’assolo di tastiere sul finale del brano ricorda lo stile di Tony Carey in “Rising”. Anche qui una chitarra acustica accompagna il ritornello togliendo quell’alone di “grezzo” che poteva aleggiare sui primi lavori in studio della band, definendo una volta per tutte la maturità artistica del gruppo.
The Ordeal risulta essere un disco maturo, ben studiato, ben prodotto e suonato altrettanto bene. Il riffing è superlativo, le linee vocali ed i ritornelli sono sempre azzeccati, non stancano, non sono banali e spingono veramente forte. La sezione ritmica è solidissima, le parti soliste scritte con gusto e criterio. Non manca nulla a questo disco, che è la dimostrazione di come anche a Ferrara può nascere qualcosa di veramente interessante: basta solo saperlo ascoltare.
Tiziano Albieri