
L’importanza del live – Intervista ai Bodoni
I Bodoni, nome tratto dal font in voga in alcuni software anni ‘90, sono un gruppo alternative rock e grunge di Ferrara, unitisi dopo anni di esperienze individuali. Nico, cantante e primo chitarrista, Memo, secondo chitarrista, Danny, batterista e Parme, bassista, propongono un sound tipico del genere ma senza nostalgia, debuttando nel 2018 con l’album liveb. Da allora, con un singolo e poi il quasi-concept album “Domestik Violence in repertorio, portano avanti ciò che più amano della musica: suonare sul palco.
Quali sono le vostre influenze musicali?
Memo: “Di base c’è del rock, io ascolto anche cantautorato, reggae e pop, poi ognuno di noi ha la sua cultura musicale che rientra nei nostri pezzi.”
Nico: “Mettici anche della psichedelia anni ’70, un bel chorus fuzz per fare della psichedelia e il resto lo fanno i distorsori.”
L’epoca da cui prendete la maggiore ispirazione sono gli anni ’90. Avete nostalgia di questo periodo?
Nico: “Erano gli anni in cui eravamo giovani!”
Memo: “Io no, la nostalgia per me è una cosa che bisognerebbe proprio eliminare, almeno quando fai certe cose. Noi ci siamo trovati, abbiamo iniziato a suonare ed era un sound nelle nostre corde, quindi è stata più una conseguenza.”
Nel vostro processo creativo nasce prima il testo o la musica?
Nico: “Prima la musica, il testo arriva alla fine proprio quando ci devo cantare qualcosa sopra. Spesso l’idea parte da un riff o una melodia vocale, le parole arrivano alla fine della registrazione. Alcuni sono pensati, altri meno, li affronto sempre in maniera diversa: a volte mi sembra di dover scrivere un tema per la scuola, altre volte mi colpisce un’idea e faccio fatica a contenere l’ispirazione.”
Memo: “Tendenzialmente penso che nasca sempre prima la musica, è più facile adattarci il testo.”
In studio c’è qualcuno che comanda?
Nico: “È un processo molto democratico, diciamo che io sono molto propositivo, poi ognuno ci mette il suo contributo.”
Danny: “Spesso è Nico che ha l’idea per un testo, una melodia, poi però quando è ora di mettere insieme la musica è un lavoro di gruppo.”
Qualcuno dice che da quando è morto Kurt Cobain lo stesso è successo al genere grunge. Voi cosa ne pensate?
Memo: “Per me questo genere di fatto non esiste, c’era bisogno di etichettare questo suono dell’orbita rock che molte band hanno iniziato ad adottare, chi più chi meno. Non ci credo molto al discorso del genere, era un po’ un pentolone di influenze.”
Danny: “Era popolare negli anni ’90 per cui sembra che debba essere relegato solo a quel periodo storico, ma come dicono gli altri era un mescolone di generi, quindi per me c’è sempre spazio per un’evoluzione.”
Nico: “Forse adesso è più alternativo di allora, perché prima era diventato quasi mainstream.”
Il vostro ultimo album Domestik Violence è definito da voi un “quasi concept-album”. Cosa intendete con questo?
Nico: “La maggior parte delle tracce si possono ricondurre alla stessa storia, cioè la nascita e la morte di un amore. Comunque lasciamo sempre una libera interpretazione, se tu ci vedi una tua esperienza personale diventa “tuo” in un certo senso. In ogni caso, il titolo rimanda a qualcosa di violento, a un tema generale di aggressività.”
Come viene scelta l’arte per le vostre copertine?
Memo: “La prima volta è stato difficilissimo. Lipstick invece ha un quadro di un nostro amico, che ci era piaciuto molto e parlandone ci è sembrato perfetto per la canzone. Per Domestik Violence è stata quasi una coincidenza, abbiamo scelto questo quadro caotico e movimentato con dei volti, che lavora molto bene con il nome della band. In generale per noi è una questione di chimica, guardiamo molte immagini e scegliamo quella che meglio si sposa con l’intenzione della musica.”
La vostra ultima uscita è la registrazione di un live, Out of tune in Pavia. Vi appassiona suonare sul palco?
Nico: “Più lo facciamo più vorremmo farlo, è il nostro obiettivo unico. Ci piace tutto, sia la parte della performance che la parte sociale, conoscere persone, vedere posti.”
Memo: “Spesso gli artisti vanno in tour per promuovere l’album in studio, mentre noi facciamo il contrario: pubblichiamo canzoni per poterle suonare in live.”
Qualche opinione personale: cosa ne pensate del modo di fruire la musica odierno?
Memo: “L’idea di pubblicare un album e potenzialmente raggiungere tutto il mondo è una cosa degli ultimi anni, una grande innovazione. Comunque, secondo me più scelta c’è meno ne hai, quanti album usciranno ogni giorno? È il rovescio della medaglia.”
Parme: “È vero anche che le modalità di fruizione della musica poi cambiano il modo in cui ti approcci come musicista. Prima delle piattaforme digitali magari aspettavi il disco della tua band preferita, con questa vastità di offerta chi si approccia oggi alla musica ha una più grande disponibilità di generi e quindi raccogliere più influenze.”
Memo: “Il fatto che è più o meno tutto gratuito cambia anche il modo di ascoltare la musica, mi ricordo che quando andavo a comprare un album mi costava qualcosa come 35 euro e lo ascoltavo tutto più volte perché, in fondo, l’ho pagato. Così magari inizi ad amare un gruppo che altrimenti non avresti calcolato, e lì davvero aspetti il disco successivo. Dal punto di vista economico, un ascolto su Spotify sono 0,002 centesimi, quindi è molto più remunerativo vendere un disco. Infatti ci sono un sacco di artisti che si scagliano contro lo streaming, perché non consente di avere un gran ritorno all’artista.”
Questa rivista è seguita da molti musicisti, che, se già non lo fanno, magari aspirano a pubblicare le proprie canzoni e suonare in live. Secondo voi è necessario lo studio per fare musica o si può lavorare d’istinto?
Nico: “Dipende da quello che vuoi fare, ma sicuramente studiando ottieni risultati migliori e più rapidamente. È vero anche che per noi va molto a sentimento, vale più il cuore che la tecnica.”
Parme: “Noi iniziamo più o meno tutti come autodidatti. Nella nostra idea di musica cerchiamo forse un po’ di svincolarci dal virtuosismo, dall’idea di dover per forza fare, ad esempio, assoli velocissimi, anche perché non si addice al nostro genere.”
Danny: “Io ho studiato per due anni i rudimenti: imparare tutto da autodidatta non è il massimo, rischi di suonare in modo innaturale. Correggendo anche solo le basi e la postura cambia tutto.”
Memo: “La musica secondo me è una delle poche arti in cui, anche se non sei un esperto tecnicamente, per un talento naturale spacchi lo stesso. Prendi Mike Patton, ad esempio: non sa fare a leggere, non sa fare a contare, ma è uno dei migliori nel suo campo.”
Su quali canali si possono trovare i Bodoni?
Nico: “Per quanto riguarda la musica, tutte le piattaforme: Bandcamp, Spotify, YouTube, Deezer eccetera, ma la cosa migliore è venirci a sentire in live: mettiamo gli aggiornamenti sulla pagina Instagram @bodonify.”
Giovanni Ferrari e Eleonora Catalano